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27 giugno
All'albergo di Victor Harbor poco dopo le 6.30 ci portano 4 fette di pane tostato, burro, marmellata, frutta e caffe.
Partiamo alle 6.50, fa freddo e c'è un po' di brina. Alle 8 siamo all’imbarco a Cape Jervis per raggiungere Kangaroo Island.
Ottimo traghetto, ben organizzato e con spazi giochi per i bambini. In 45 min siamo a Kangaroo Island. Alloggiamo a Penneshaw, dove arrivano i traghetti, al Kangaroo Island Seafront Hotel, proprio sul mare. Andiamo al bureau informazioni. Personale cortese ed efficiente ma che forse, detto col senno di poi, non conosce bene l'isola, e partiamo per il faro Willoughby con una giornata bellissima e limpida,
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Il faro, sulla punta orientale dell'isola, si raggiunge con una ventina di km di ottimo sterrato, lungo la strada incontriamo diversi canguri.
L'isola, anche se oggi molto turistica, si è sviluppata essenzialmente come terreno agricolo e per allevamenti. La maggior parte delle strade, nate per servire le aziende agricole, non sono asfaltate (anche se ottime) e non passano vicino al mare.
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se ne va saltellando
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la strada che porta al faro di capo Willoughby costeggia pascoli verdissimi
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e offre bei panorami sul mare
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arriviamo al faro Willoughby.
Volendo si può alloggiare in queste casette, se proprio si amano la tranquillità e la solitudine.
Non incontriamo nessuno
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dal faro la vista sul mare è molto bella
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costeggiamo delle zone umide con una curiosa vegetazione rossastra
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le luci sono molto belle
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bei fiorellini che non conosco
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Dopo la visita alla zona del faro ci dirigiamo verso Seal Bay, sulla costa meridionale. Per strada incontriamo una echidna.
Cerco di fotografarla meglio ma lei si nasconde sotto un cespuglio. Provo a tirarla fuori ma è impossibile spostarla, per come si è aggrappata al terreno, dove si è rapidamente scavata una nicchia e per gli aculei davvero pungentissimi. Poi ne vedremo altre due.
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Arriviamo a Seal Bay, è un posto molto bello con una numerosa colonia di leoni marini. Poca gente, soltanto un orrendo gruppetto di orientali schiamazzanti.
un lungo camminamento sopraelevato in legno conduce a vedere i leoni marini, senza avvicinarli troppo per evitare di disturbarli
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scendiamo verso il mare
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la prima cosa che si incontra è uno scheletro quasi completo di balena
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poi cominciamo a vedere i leoni marini, che sono delle otarie, cioè foche con le oreccchie (Neophoca cinerea)
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questa si riposa, mi sembra che sia una delle attività principali
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Qui si mangia.
le femmine spesso si occupano e allattano anche i piccoli di altre madri
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allora? finito il latte?
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adesso ci riprovo
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abbiamo visto diversi esemplari con grandi ferite, forse il risultato di una aggressione da parte di uno squalo
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un po' altezzosa
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tra un riposino e l'altro ci sta bene una bella grattatina
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evidentemente amano molto le panchine.
Anche alle Galapagos avevamo trovato dei leoni marini stesi sulle panchine.
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Forse così evitano di riempirsi la pellicia di sabbia
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Dopo la visita a Seal Bay, la ranger all’ingresso ci consiglia di andare a Stoke Bay, sul versante settentrionale dell'isola. Strada ottima, in parte aslfaltata e con circa 20 di km sterrato perfetto.
Stoke Bay è una bella baia ghiaiosa
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con zona picnic e spazio per campeggio
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dalla baia un sentiero si infila in mezzo a grandi massi, anche a galleria, per raggiungere una grande spiaggia di sabbia.
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L'ultimo tratto di percorso diventa un po' difficile, quindi torniamo indietro |
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e andiamo verso la spiaggia attraverso una collina erbosa. Non c’è nessuno, tranne una giovane coppia di Trieste in viaggio di nozze.
Stoke bay. La spiaggia vista dall'alto
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Tanti canguri lungo la strada, con aria un po' attonita.
La rete non è un problema per i canguri: non la saltano, ma scavano e passano sotto.
Questa sembra che abbia il marsupio pieno
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via di corsa
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desidera qualcosa?
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Rientro con tempo bellissimo, tantissimi possum morti sulla strada, ma non ne vediamo di vivi che attraversano.
Si vedono anche tanti canguri morti, e molti, vivi, pronti a lanciarsi in mezzo alla carreggiata.
Gli automobilisti che investono un animale sono tenuti a spostare il corpo sul bordo della strada e a segnalare l'incidente.
Il personale addetto perlustra le strade, a bordo di camioncini, e raccoglie le spoglie mortali delle vittime.
Chissà poi che ne fanno...
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Arriviamo al paese quasi a buio. Albergo sembra ottimo, questo è il panorama dalla nostra stanza.
Cena a pub Penny’s, eccellente con cotolette agnello e abbondante contorno.
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28 giugno
L’albergo è molto buono, in bagno c’è un sofisticato telecomando che controlla luce, ventilatore e accende potentissime lampade da pollaio per scaldarsi.
A colazione c'è un tostapane fatto a tapis roulant, tu appoggi le fette e lui le porta a tostarsi.
C'è anche una raffinata macchina per caffè a cialde con molte opzioni... black, caffellatte, cappuccino, dolce, amaro, lungo, ristretto.... tu selezioni e poi esce, secondo me, sempre la stessa brodaglia.
Partenza verso le 7.45 per Cape Borda, sulla punta Nord-Ovest dell'isola.
Questo è il faro di Cape Borda
Anche qui la visita è a pagamento, self service.
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E questo è il panorama dal capo. Il tutto un po' deludente, forse per il tempo grigio
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Il piccolo cimitero di Cape Borda
Gli Europei, che all'inizio del XIX secolo, la esplorarono per primi trovarono l'isola disabitata. Oggi sappiamo che gli aborigeni hanno abitato a lungo l'isola e la hanno abbandonata circa 2 millenni or sono.
L'isola servì come base per cacciatori di foche e i primi europei che si insediarono più stabilmente portarono con sè donne aborigene rapite sulla terraferma.
In questo piccolo cimitero è sepolta, tra gli altri, la famiglia di uno dei primi coloni, Nat Thomas che si insediò in questa zona con la sua compagna aborigena Tasmaniana Betty.
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Intorno al cimitero ci sono grandi eucaliptus, dal portamento molto diverso da quelli cui siamo abituati in Italia
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La strada è lunga, monotona e poco panoramica
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Dopo la visita a Cape Borda ci dirigiamo al centro informazioni del parco nazionale Flinders Chase.
Questa è una zona molto frequentata e incontriamo diversi turisti.
Facciamo una passeggiata intorno al centro informazioni, incontrando molte molte oche del capo (Cereopsis novaehollandiae)
Il becco in realtà è nero, ma coperto da una cera gialla
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in genere sono dignitose, ma ogni tanto, all'improvviso cominciano ad agitarsi
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forse sarà qualche rituale di corteggiamento
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Una gazza (Gymnorhina tibicen) che sembra una cornacchia osserva gli starnazzamenti con aria severa
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In uccellino graziosissimo (Petroica scarlatta)
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in un altro prato altre oche (si chiamano anche oche-gallina
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più dignitose
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o più ridicole
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su un albero si intravede un koala
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e sui prati passeggiano diversi canguri.
Quando saltano sono molto eleganti, ma quando camminano così sono davvero goffi.
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Andiamo a vedere Admiral’s Arch, località spettacolosa sulla punta Sud-Ovest dell'isola, sede di una ricca colonia di otarie della Nuova Zelanda o otaria orsina meridionale, (Arctocephalus forsteri).
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Una piscina dove sguazzano le otarie, al riparo delle onde
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una buona poppata
Noi le chiamiamo tutte foche. Queste in realtà sono otarie, come si vede hanno le orecchie, al contrario delle vere foche
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anche questa è un po' sbocconcellata
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ce ne sono tante, tutte a poltrire sugli scogli
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I piccoli sono più scuri degli adulti
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talvolta quasi neri
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Un gabbiano del Pacifico
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la roccia calcarea è molto erosa
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non ha paura di cadere, se si addormenta?
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il mare è sempre un po' mosso, ma ricordiamo che è l'oceano aperto
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admiral's arch
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Admiral's arch, l'arco dell'ammiraglio. Scendendo una serie di scale di legno ci si affaccia all'improvviso su questo arco spettacolare. Non so se si tratti di un ammiraglio in particolare
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Il promontorio di admiral's arch
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Ci dirigiamo verso le vicine Remarkable Rocks, un gruppo di rocce di granito che emerge in mezzo al calcare di questa costa.
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più da vicino diventano evidenti le bellissime forme scolpite dall'erosione: Una grande cupola di granito sormontata da grandi massi
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una grande roccia dai bordi arrotondati, coperta di licheni rossi
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e una serie di massi dalle forme fantasiose
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sembrano piccole, ma in realtà sono grandissime rocce tra le quali si può passeggiare
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lavorata come un merletto
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accanto al gruppo principale sporgono altre grosse rocce
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l'interno della cavità sembra affumicato. forse è stato usato come riparo
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graffiate da unghie potentissime
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remarkable rocks
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anche qui starnazzava una comitiva di gentildonne orientali, scattando selfie ininterrottamente.
Per fare le foto senza signore, che non erano un gran che, ho dovuto fare acrobazie e aspettare che fossero tutte nascoste dai massi
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Lungo la strada del rientro facciamo delle deviazioni per visitare una distilleria di olio di eucaliptus (Paola lo ha comprato, chissà a che cosa serve) e una celebre honey farm.
Qui producono miele con api importate molti anni fa dalla liguria. Sembra che si tratti di un ceppo puro di api italiane (Apis mellifera ligustica). Vendono il miele a un prezzo incredibilmente alto.
Cena da Penny’s, molto buona. Paola prende fish and chips, io agnello, con due bicchieri di vino, mediocre, offerto dall’albergo. Tre ragazzini scarrozzano per tutto il ristorante un bambino in carrozzina, andando in fila che sembrano i re magi, forse sono incaricati di tenerlo buono. Molto simpatici, anche se devi continuamente alzarti dalla sedia per far passare la processione.
Vicino al nostro albergo c'è un ristorante (adesso chiuso) che sembra aver preso spunto dal nostro più famoso "Eataly". Chissà se il fondatore, Oscar Farinetti, lo sa.
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Visto che saremmo partiti presto, prima della normale ora di colazione, abbiamo avvertito la padrona, pensando poi di trovare un thermos con il caffè e del pane da scaldare. Invece troveremo una signora gentilissima (e loquace) che ci aspetta e prepara tutto.
29 giugno
Alle 6.30 facciamo colazione e poi all’imbarco.
Partenza quasi puntuale, traversata con molto vento e mare un po’ mosso. Arrivo verso le 8.30 e partenza per Adelaide. Strada tortuosa in una bella campagna molto verde. Arrivati in aeroporto, restituiamo l'auto e mettiamo i bagagli in un deposito automatico: scegli la grandezza dell’armadietto e paghi (16 A$ per 24 ore) , impostando una tua password per l'apertura. Appena chiuso mi accorgo di aver messo dentro anche i biglietti dell'aereo e i documenti. Quindi devo riaprire, e ricominciare, pagando di nuovo.
Prendiamo uno shuttle per il centro, un pulmino ci porta e ci verrà a riprendere alle 17.
Poi In giro per Adelaide.
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Visitiamo il centro di arte aborigena Tandanya. Espone collane di conchiglie di artiste moderne, molto belle, ma non c’è altro
Poi in giro, molti negozi e centri commerciali, grande negozio di cioccolata....
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.... e una merceria con migliaia di bottoni diversi.
Città poco interessante e c'è in giro molta gente dall’aria scombinata e un po’ spostata.
Facciamo un lungo giro nel mercato centrale, grandissimo mercato alimentari, assai ricco.
Prezzi ragionevoli soprattutto per carne e pesce, molti crostacei e molluschi. Molto bello con tante verdure a noi sconosciute. Come in altri mercati, non italiani, ci sono zone dedicate a servizio di ristorante, dove tutti si siedono a tavoli comuni e mangiano.
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Tempo incerto, ogni tanto piove un po’.
Andiamo al Museum of Southern Australia, splendido.
Bellissime e ricchissime raccolte di oggetti aborigeni, armi, tessuti, canoe, vecchie fotografie e tanto altro. Davvero ricco e interessante.
C'è anche una sezione dedicata alla fauna, ma la parte etnologica è insuperabile, sicuramente la cosa più interessante di Adelaide
Qui siamo nella strada elegante della città.
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la città è piena di porcelli
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che aspettano qualcosa dai passanti....
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... e grufolano nei cestini della spazzatura. Forse è un invito ai passanti a non fare i porcelli.
Alle 17, puntuale, lo shuttle ci viene a prendere (per fortuna, perchè fa freddo) e arriviamo in aeroporto.
La macchina del deposito bagagli è impazzita e la tastiera sbaglia tutti i numeri, impossibile aprire. Per fortuna una signora australiana ha lo stesso problema e telefona all’addetto che in 5 minuti interviene e ci apre l’armadietto, in realtà senza controllare che avessimo il diritto di aprire: ci ha chiesto il numero dell’armadietto e lo ha aperto.... e se fossimo stati ladri?
Aeroporto molto tranquillo. Pochissimi voli internazionali.
Sull’aereo le hostess della Emirates, bianche o orientali, hanno la divisa beige, ma ce ne è una nera e ha la divisa nera! Mistero, forse fa parte della Spectre.
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